Il 18 ottobre, alle 14.30, al Campus universitario di Novoli, partirà il corteo nazionale del Collettivo di Fabbrica exGKN. Il filo che tiene insieme le mobilitazioni di settembre e ottobre e questa giornata di lotta operaia è strettissimo e deve restare saldo nelle nostre mani. Il milione di persone che ha sfilato a Roma il 4 ottobre dovrà riversarsi ora per le strade di Firenze con il Collettivo.
1.
Agli ingranaggi della storia, nelle scorse settimane, sono stati raspati via un po’ di strati di ruggine; il meccanismo è stato involontariamente oliato e ci è parso di correre veloce sulle tangenziali, sulle autostrade della partecipazione civile. Cosa è successo ce lo stiamo ancora dicendo, e forse dobbiamo ancora capirlo: nelle assemblee, nei gruppi di amic*, nei collettivi si sta ancora parlando del 22 settembre, del weekend lungo dei primi di ottobre, delle navi bloccate, degli scioperi, delle persone.
La verità è che nessun* di noi era pront* a quello che ci siamo trovat* di fronte, nessuno di noi credeva di poter essere un milione nelle strade di Roma. Ma ancora di più, nessuno di noi si aspettava di vedere i cortei, i presidi, i blocchi, le teste e le voci alte delle persone a Bergamo, Trento, Brescia, Como, Bibbiena, Piacenza, Lecco ecc. Eppure è successo: ci siamo visti in faccia, ci siamo sentite urlare, ci siamo riconosciuti incazzat*.

2.
Per essere incazzati ci sono fin troppi motivi in Italia. Mentre il governo millanta la solita crescita che ogni governo deve millantare per truccarsi la faccia a farsi bello, i dati OCSE ci parlano di un calo del 7,5% dei salari reali in Italia. Cresce l’inflazione sui beni alimentari, la gente ridimensiona il carrello della spesa, sgonfia la bolletta del gas aggiungendo uno strato di felpe e spegnendo il riscaldamento per qualche ora in più. Il governo millanta la crescita del paese ma le persone, coloro che lo fanno il paese, sono sempre più povere, sempre con un portafoglio meno potente del mercato.
Eppure, il governo millanta una crescita che è pur vera: i dati ci parlano di un incremento oltre la media europea pari al 16,6% dal 2020 ad oggi. Le analisi economiche ci raccontano, però, che a fronte della crescita economica di più del 16% a livello nazionale, i salari sono sempre quelli, poveri; il costo della vita sempre maggiore, con i beni di consumo principali quali latte, pane, pasta ecc in continuo rialzo.
3.
C’è da dire che in questo iato di percentuali deve pur inserirsi qualcuno o qualcosa che ci ha guadagnato: e a noi piacerebbe vedere gli autobus nuovi delle linee pubbliche, le prese dell’elettricità funzionare sui treni, vedere le piazze pubbliche fornite di cestini fontane panchine, sapere che ci sarà posto per la mia operazione alla schiena nella sanità pubblica, perché le code si sono smaltite aumentando il personale e le sale operatorie.
E invece… e invece la crescita economica non corrisponde ad un miglioramento delle condizioni di vita individuali o collettive, a meno che tu non sia un amministratore delegato di una qualche impresa multinazionale o partecipata pubblica. Perché sì, anche le aziende pubbliche hanno aumentato il fatturato rientrando in quella crescita del 16,6%, ma i profitti sono finiti nei dividendi degli azionisti, non nelle buste paga di lavoratori o lavoratrici o in investimenti a lungo termine. L’Italia si conferma, come sempre, il paese delle prese per il culo, il paese del motto di spirito, il paese berlusconiano dove la merda da mangiare diventa sempre più infiocchettata.
4.
E il milione di persone che hanno fatto le piazze di queste settimane? Anche loro, anche noi, con le pezze al culo, ma un po’ più incarognit*, ognugn* per la propria ingiustizia. Tra questo milione, il Collettivo di operai/e della Fabbrica exGKN, che deve ancora riscuotere milioni di euro di crediti dalla dirigenza di GKN. L’Italia, il paese che vuole far rispettare la legge: il Collettivo va in tribunale, impugna le azioni della dirigenza della multinazionale, questa viene sanzionata perché si comporta in modo illegittimo ovvero fuori dai confini della legalità, ma lo stato non interviene.
A ben vedere, lo stato non interviene mai se non quando rientrano interessi individuali, rapporti di potere, profitti facili sia di economia che di consenso politico. E allora, come al solito, tocca che intervengano un milione di persone. Non so se un milione di persone riescano ad entrarci in fabbrica a Campi Bisenzio; sicuramente non ci stanno neanche nella sede della Regione Toscana o a Palazzo Chigi: ma questa non è una scusa per non provarci.
5.
Nelle riflessioni che stiamo facendo su quello che è avvenuto nelle nostre strade in queste settimane dobbiamo farci rientrare, obbligatoriamente, la riflessione sulla Fabbrica dei sogni, perché possa diventare una realtà. Convergere a Firenze, il 18 ottobre, per infilarsi nella testuggine significa inserirsi nel processo di investimento sociale più concreto della storia dell’operaismo italiano. Qui non stiamo più parlando di salari, di orario di lavoro, di diritti: qui stiamo parlando del sovvertimento reale dei rapporti di produzione. È bene sia chiaro a tutte e tutti: la lotta del collettivo di fabbrica exGKN non è solo resistenza contro il capitale e contro la sordità della politica, ma è la manifestazione della tattica sociale, dell’alternativa dal basso.
Se il Collettivo è uno degli attori più importanti delle lotte sociali e del radicalismo politico nazionale non è per mitologia: è perché in quella fabbrica si gioca la visione del mondo che la sinistra istituzionale non è in grado di elaborare. Se la teoria radicale ha elaborato il concetto di intersezionalità per rendere conto della complessità delle forme di subalternità, nel corso di questi anni il Collettivo di Fabbrica ci ha mostrato come si realizzi una lotta (e una rete) intersezionale, fatta di decostruzione di genere, di empatia, di ascolto, di solidarietà, di privilegi disattivati in favore dell’altro.
6.
GKN è una lotta del movimento, non è solo una lotta operaia. GKN è l’investimento delle comunità ecologiche, dei lavoratori e delle lavoratrici precarie dell’Università, dell’urbanistica inclusiva, della politica dal basso. GKN è il precedente che serve a puntellare questo milione di persone, quello che ci farà dire che “i salari li distribuiamo noi”. Ridare un volto, un tessuto, una vita alla fabbrica in Via Fratelli Cervi a Campi Bisenzio significa fare un occhio nero al capitale, aggiungere un nuovo ingranaggio nella macchina sociale che stiamo costruendo.

Hai visto il nostro Archivio affettivo del Festival di Letteratura Working Class del Collettivo di Fabbrica? Abbiamo provato a raccontarlo in prima persona, attraverso le nostre intimità. Leggi qui.
