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Essere la persona che scrive di più: 5 prose brevi di Luca Saracino

Willy

Quando Willy scomparve, mi disse Alice, piansi due giorni, al terzo mio padre tornò a casa dal lavoro con un piccolo gatto nero con le orecchie a punta e la coda corta. Ecco Willy mi disse, visto che è tornato? Ma io anche se avevo poco più di tre anni me lo ricordavo bene com’era il mio Willy, non certo nero e rachitico e con le orecchie a punta e poi Willy era un cane. Però non dissi niente e feci finta di crederci, feci finta che quel gatto orrendo fosse il mio Willy, per far contento mio padre credo e per non costringere più mia madre a consolarmi. Giocavo con il finto Willy, gli lanciavo il gomitolo di lana e gli accarezzavo perfino la testa. Gli facevo gli agguati da dietro il divano e lo rincorrevo facendo il verso dell’elefante ma non gli volevo bene. Qualcosa era cambiato dal momento del suo arrivo. Intendo in generale, è da quel momento credo che non soltanto Willy ma tutti quanti sono diventati per me degli impostori.

Latte di gallina

Ho riempito duecento bottiglie di plastica con l’acqua piovana precipitata di recente dal mio cielo. Se le chiudo al buio dello sgabuzzino l’acqua diventerà latte di gallina che è santo e finalmente potrò curarmi. Potrò curare le ferite del corpo, di tutti questi pensieri e lavare via le maledizioni. Me lo ha giurato la signora che ha il buco al posto dell’occhio e la sera in piazza Dalmazia accarezza i piccioni, parla ai cassonetti e una volta su un foglio mi ha disegnato la morte.

La scrittura

Mi piaceva farle regali, piccole cose: gatti di ceramica che suonavano il violino o taccuini minuscoli su cui scrivere i suoi pensieri. Una volta volle farmi una sorpresa e alla fine delle lezioni si presentò in facoltà vestita come Pippi Calzelunghe. Appena mi vide però si incupì e volle andarsene, all’improvviso le era tornato in mente un cattivo pensiero, un ricordo d’infanzia. Senza dubbio fra quelle che conosco sei la persona che scrive di più disse una sera mentre viola e arancione camminavamo negli ultimi raggi di sole.

Caprifoglio

Ci sono le carcasse di lombrichi mangiati solo per metà dai rondoni mentre passeggio con quel che rimane di mia madre in un luogo d’infanzia che non ha nome. Ci fermiamo ad ammirare una sequoia gigantesca, isolata in mezzo al bosco dei castagni selvatici. Sul fondo del pendio le scatole colorate di un apicoltore ronzano fino all’asino abbandonato al suo fieno sotto una tettoia d’amianto. Vorrei arrivare almeno a cento anni dice lei intenta a strappare un ramo da un’acacia. Ho così tante cose da fare ancora, così tante cose da recuperare che mi dispiacerebbe proprio di morire. Poco prima di casa, ormai al tramonto, raccogliamo fiori di caprifoglio dai bordi della strada.

Naumachia

Da una parte ho schierato i pezzi di mela tagliati sottili, dall’altra l’armata di spicchi di mandarino, nel mezzo steso sul materasso a molle, nudo come un verme ci sono io. Non mi fido più dei fondi di caffè dunque aspetterò l’esito della battaglia e finalmente all’alba saprò cosa mi aspetta.

Le foto sono di Luca Saracino

Postfazione

Provate a ingannare un bambino: forse grazie alla vostra presunta e inutile esperienza pedagogica ci riuscirete, ma non sarà un’impresa facile. Aggirare i desideri di un bambino, abbassare drasticamente la temperatura dei suoi sentimenti, pilotare altrove le sue convinzioni, sminuire le sue conquiste e iniziative: sono metodi con una scadenza a breve termine, utili solo a guadagnare una credibilità apparente, un’obbedienza temporanea. Provate dunque a spiegare la morte ai bambini, ma senza barare. Potrete affermare – come faccio io con una serietà che non mi riconosco – che una persona muore quando è molto stanca, che a un certo punto si mette a letto e si addormenta per molto tempo, per sempre. Che andrà in cielo. Dicendo a un bambino che una persona andrà in cielo si pensa di rassicurarlo, ché il cielo è bello e sconfinato: però a loro piacciono i giochi che si fanno in terra, e in cielo non vogliono andarci. Diranno che è in terra che vogliono rimanere, che se la morte è andare in cielo allora non è granché. Alla fine si arrenderanno alla vostra narrazione, ve la concederanno: mentre voi internamente vi pentirete della vostra impresa, loro architetteranno nella loro testolina nuovi modi per uscirne, strategie di volo che non prevedano il lungo sonno della morte.

Queste 5 flash fiction di Luca Saracino sono tutte in prima persona, ma non sappiamo se sia un bambino o un adulto a parlare: sembrano lucidi e fulminanti ricordi d’infanzia o, al contrario, visioni profetiche di un ragazzino che sfida i limiti cognitivi della propria età. In ogni caso sono tentativi serissimi di ricostruire con tono ora funereo ora nostalgico la logica ferrea di una convinzione: che i grandi sono degli impostori. Spergiurano, disegnano la morte sui fogli, leggono i fondi di caffè, perdono pezzi quando invecchiano e, sul punto di morire – al momento tanto decantato di andare in cielo – cambiano idea inventandosi «cose da fare, cose da recuperare». Luca Saracino non è più un bambino, ma di quell’età ha conservato l’abitudine cocciuta a diffidare quel tanto che basta della verità, credendo solo all’evidenza dei propri pensieri, anche quando sono cattivi e del tutto irragionevoli. Dubitando delle verità dei grandi, Saracino è inevitabilmente diventato grande: «Senza dubbio fra quelle che conosco sei la persona che scrive di più», dice la spasimante del protagonista de La scrittura durante una camminata al tramonto, tra colori luttuosi. Che sia questo per uno scrittore il modo di sopravvivere alla morte dell’essere adulti? Essere la persona che scrive di più: inventarsi modi di morire più divertenti del sonno. Ad esempio: mettersi nudo in mezzo al campo di battaglia, tra eserciti di mele e mandarini. Lasciare che sia l’esito della guerra a decidere quale è il destino che gli spetta.

Bernardo Pacini

Luca Saracino è nato a Fiesole nel 1980. Vive e lavora a Firenze. Ha pubblicato le raccolte di racconti Prima del capolinea (Edizioni della Meridiana, 2012) e Silenziosamente (Edizioni della Meridiana, 2014) e il prosimetro Umbratile (Origini Edizioni, 2018) scritto con Francesca Mazzotta.