Zeugma e gli incontri alla casa della poesia di Roma #1

Inauguriamo una nuova sezione di discorsi (feat), in cui diamo uno spazio di visibilità a eventi e realtà che hanno una qualche affinità con lay0ut, elettiva o di semplice collaborazione. Questo pezzo riguarda il primo di una serie di incontri poetici a coppie (con Giovanni Ibello e Carmen Gallo, il 27/02) organizzati a Roma da Stefano Bottero, Alessandro Anil e Sacha Piersanti, tramite la neonata associazione Zeugma presso la Casa Della Poesia (Via Giulio Rocco n.22).


Zeugma come osservatorio

Portare una riflessione sulla poesia contemporanea al punto in cui s’incontra il termine del panorama-contemporaneo, implica l’accesso a una zona grigia. Le considerazioni di ordine sociologico sul contesto poetico italiano prendono spesso posto sul ghiaccio sottile della parzialità prospettica. Si rapportano con qualcosa che si vede, a cui si partecipa, ma che si fatica a cogliere nell’insieme. La separazione del contesto poetico in diverse stanze è – di fatto – un fenomeno, e come tutti i fenomeni risponde alle logiche di causa e trasformazioni. Interpretarlo significa porsi in senso critico nei confronti di un oggetto, cercare di coglierne il quid seguendo percorsi analitici non aprioristicamente orientati.

Questa riflessione fornisce una premessa necessaria per interpretare il lavoro dei curatori di Zeugma – Casa della poesia di Roma, e della prima rassegna poetica Intersezioni. Zeugma è uno spazio autogestito, nel quartiere di Garbatella. Come è facile intuire, nasce come complemento di una proposta culturale. Come ogni proposta, risponde alla logica di una specifica necessità. Quella, appunto, di un luogo da chiamare casa-della-poesia.

Non è semplice interpretare i movimenti, i tempi e gli spazi del panorama poetico contemporaneo, ma è paradossalmente facilissimo avvertire, in un contesto sociale e culturale come quello della Roma intra(post)pandemica, la necessità di punto d’incontro fisico dedicato alla condivisione del dato poetico. Ad animare Zeugma non è così l’idea di creare un punto inclusivo-definitivo del microcosmo poetico della capitale. Non proporre un’interpretazione di summa di cosa sia oggi il contesto della poesia a Roma, ma adottare le ragioni di una necessità che Roma impone.

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Incontro come dialogica

Intersezioni nasce come lavoro condiviso e curato da Alessandro Anil, Sacha Piersanti, Stefano Bottero. Il titolo è di per sé una ratio: l’incontro, l’intreccio, la sintesi. Sono programmati al suo interno cinque appuntamenti (per adesso sine die), immaginati come tempi di condivisione delle voci di Carmen Gallo e Giovanni Ibello, Sonia Caporossi e Dimitri Milleri, Franca Mancinelli e Mattia Tarantino, Marco Caporali e Tommaso Di Dio.

Il primo momento, fra Gallo e Ibello, avviene il 27 febbraio.

Riflettere sull’intersezioni delle loro voci impone, come ogni ragionamento di rapporto tra elementi distinti, implica una fase preliminare di osservazione di coincidenze e distanze. Nel caso di Gallo e Ibello, questa operazione genera un valore onnicomprensivo, pervasivo della riflessione stessa. Le poetiche dei due entrano infatti in risonanza fin dai livelli più superficiali di raffronto. Il punto di saturazione del ragionamento critico, quello in cui l’affermazione sull’oggetto si rende palese, si manifesta nel loro caso con la violenza tipica di ciò che è immediato. Proprio nell’immediatezza, si stringe il nodo delle loro voci. Quella di Gallo – immediatezza del movimento; quella di Ibello – immediatezza dell’immobile.

Abrupto enunciativo in Carmen Gallo

I versi di Carmen Gallo sono versi aggressivi. Passivo-aggressivi, forse, ma aggressivi. La sua poesia introietta il paradosso di zenoniana memoria per cui il tempo, all’infinito, si spezza dal movimento. Le sue immagini si accumulano come fotogrammi di un esperimento cinematico-visuale da tardo Ottocento: sono presenti al proprio movimento, assenti a quello di chi guarda staticamente. «E mai più cercare ragione del torto / perché il torto lo portiamo al collo / come una pietra levigata nella stretta / un silenzio da osservare da vicino». L’aggressività di un movimento incessante, incurante, nel suon incedere lirico – che azzera le mediazioni delle logiche rappresentative.

La poetica di Gallo è immediata perché non-mediata, orientata dalla verticalità unidirezionale di un’intuizione lirica figurativa: quella della tesi, senza antitesi. Così nella sua Paura degli occhi (L’arcolaio, 2014), così ne Le fuggitive (Aragno, 2020), raccolta introdotta da un poemetto – La corsa – che inaugura la fisicità del movimento-come-fuga. Dell’allontanarsi, mentre la prospettiva rende i corpi sempre più piccoli, le fragilità interiori orientano a dolori nuovi. «La paura costringe a forme di vita / innaturali, costringe a stare / nella durata di un altro». Immediato è così non solo l’aspetto del muoversi, nella poesia di Gallo, ma il peso che quel muoversi comporta. La finezza della definizione formale interviene così nella creazione di un equilibrio sintattico e semantico che non s’interpone tra il lettore e l’oggetto. Al contrario, lo conduce per mano al senso diretto – immediato, appunto – dell’immagine che scorre.

Giovanni Ibello, un cosmologo di granito

Giovanni Ibello edifica i piani dei suoi oggetti poetici piantando le fondamenta con profondità sproporzionata. È una compromissione strutturale, la sua: presentare un oggetto tanto immobile da andare in pezzi ad ogni singola vibrazione. L’adozione della categoria compositiva dell’immediato incondizionato trova nel suo caso una coincidenza speculare a quella di Gallo. La sua poesia non si svela al lettore nell’aggressione di ciò che corre – che forse corre in-contro – ma nell’indifferenza ieratica delle verità rivelate. I versi di Ibello stanno fermi come mammiferi africani figurati al centro delle stanze. «È questo il destino dei corpi: / le amnesie lunari / la lesione tellurica del buio. / Mai nessuno / ci ha chiesto di essere vivi».


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Carmen Gallo (Napoli, 1983) ha pubblicato in poesia Paura degli Occhi (L’arcolaio 2014), Appartamenti o stanze (D’If 2017) e Le Fuggittive (Nino Aragno Editore 2020, Premio Napoli). È inclusa nel XIX Quaderno di poesia contemporanea, a cura di Franco Buffoni. Fa parte della redazione del blog «Le parole e le cose2». Ha curato Tutto è vero, o Enrico VIII di Shakespear per Bompiani (2017) e ha tradotto The Waste Land di T. S. Eliot per Il Saggiatore (2020).

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Giovanni Ibello (Napoli, 1989) vive e lavora a Napoli. Nel 2017 pubblica il suo primo libro, Turbative Siderali (Terra d’Ulivi edizioni, con una postfazione di Francesco Tomada). L’opera vince il premio Internazionale Città di Como (per l’opera prima) e il premio dell’Osservatorio letterario Lermontov. È direttore della rivista «Atelier» (sezione online). I suoi versi sono stati tradotti in sette lingue tra riviste, blog e volumi antologici di poeti italiani all’estero. Nel 2018 si aggiudica il premio Città di Fiumicino per la sezione «opera inedita» con una prima versione del poemetto Dialoghi con Amin. Una sua antologia poetica è stata pubblicata in Russia per l’editore Igor Ulangin nella collana «Contemporary italian poets» a cura di Paolo Galvagni (traduzione a cura di Tatiana Grauz). Nel gennaio del 2021 inaugura, con una selezione di testi inediti, la rubrica «I poeti di trent’anni» curata da Milo De Angelis sulla rivista Poesia di Crocetti. Dirige per Terra d’Ulivi edizioni la collana di poesia «Deserti luoghi»..



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