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Nike Shox di Wissal Houbabi | Anteprima

Il nuovo numero cartaceo di lay0ut magazine Sono hackeratə, contiene ben quattro racconti, a differenza di Com’è adesso! che pubblicava principalmente poesia. Ci piace l’idea di avere dei contenuti narrativi che possano “finzionalizzare” il concetto di hackeraggio. Questa strada narrativa verrà sicuramente proseguita da lay0ut, quindi aspettatevi grosse sorprese. Intanto, tra i racconti, abbiamo scelto di darvi in anteprima Nike Shox di Wissal Houbabi, della quale avevamo già pubblicato online Trovare le parole per una generazione.


Avevo le Nike Shox bianche con rifiniture verde pistacchio, me le aveva comprate baba in una qisariya: «quando trovi le scarpe che vuoi, me le indichi e poi ci penso io», baba è sempre stato un vero bi3 w sharray, un Pro di primo livello. Se in Marocco non sai contrattare, non puoi dire di vivertelo davvero, magari fai una vita da turista e il cash ti basta per non pensarci, ma chi sa contrattare può dirsi appartenente alla comunità: il linguaggio, il ritmo, le proposte che fai si muovono tra la conoscenza, l’azzardo e l’astuzia, devi avere la sicurezza di dire “per questo oggetto ti posso dare tot” e non vacillare, altrimenti sembri solo uno sfigato, ti conviene abbassare la testa e smammare.

È uno spettacolo assistere a una contrattazione, un’esperienza autentica: può durare un minuto come ne può durare quindici, non bisogna attirare l’attenzione su di sé, è un movimento fluido e circolare e tutti stiamo dentro a questo meccanismo. Io non ero ancora pronta a contrattare, si vedeva lontano un miglio che venivo dall’Europa, il mio accento era zoppo e uno del posto lo annusava subito che sono una occidentalizzata, gawriya, che si passa le estati dalla nonna per poi sparire appena ricomincia scuola. Siamo le clienti preferite dopo le turiste, il nostro capitale economico è scritto in fronte ed è un privilegio che pesa, più il nostro accento è europeo e più il prezzo sale, è giusto, hai sempre la possibilità di giocartela, nessuno te la negherà, ma sarà più difficile starci dentro se le regole non le conosci.

Ho fatto come mi ha chiesto baba, i soldi sono i suoi e il talento pure, mi sono andata a fare questo giro di perlustrazione. Guardavo dalla giusta distanza mentre mi sgranocchiavo semi di girasole, i negozi di
scarpe sportive sono rivestiti da cima a fondo di ogni marca, non c’erano multinazionali dalle mie parti, le qisariyat sono tipo dei tunnel con dentro una serie di negozietti piccoli ma ben organizzati. Le scarpe che compri in questi negozi non hanno nemmeno la scatola, semplicemente basta una busta di plastica, il paio è un po’ spiaccicato ma basta infilarsele un attimo per dargli forma: ottimizzazione dello spazio 100%.

Andai l’medina dopo qualche giorno con baba, sentivo che nella sua postura stava entrando in azione molto prima di arrivare al negozio, è il corpo di chi si sta preparando a portare l’affare a casa e lo seguivo con ammirazione, lo sentivo che voleva comprarmele per farmi contenta, ma per essere soddisfatto a sua volta quel paio di scarpe doveva essere comprato al prezzo migliore che riusciva a scucire. Non sono quei 20 dirham che ci avrebbero fatto saltare un pasto, è una questione di trovare il valore giusto tra bi3 w sharraya, perché baba non è solo un cliente, è un collega ed è stimato per quello che fa, è riuscito a far fruttare questo lavoro nella peggiore delle condizioni: in occidente non tutti gli emigrati sono uguali, baba era uno di quelli che al suo ritorno veniva trattato con rispetto: baba non si è fatto annientare.

[…]

All’inizio si è ritrovato a raccogliere il tabacco, è durato un giorno, andò dal suo padrone e gli disse: «non ci hai portato nemmeno una bottiglia di acqua, sei un disumano, questo atteggiamento non esiste nemmeno in Africa, dammi i soldi e vaffanculo». Con quella paga giornaliera aveva concluso la sua carriera da lavoratore dipendente, baba ha comprato qualche bottiglietta d’acqua e ci ha pensato lui a portar da bere agli altri braccianti. Una parola ombra che rimbomba al ricordo disumanizzante della bianchezza, serve nafss, nafss, nafss: [orgoglio, dignità, respiro, anima] in un’unica parola grossa quanto un macigno che ti porti nel fegato, era scosso e offeso, come se avesse intravisto il rischio di una sottomissione umiliante, era così.

Ma quello che ho imparato è che quando gli italiani hanno a che fare con noi stranieri pensano che siamo predisposti a fare ciò che ci chiedono, che per noi stare qui è già una gran fortuna e che la loro considerazione sia importante per farci sopravvivere, pensano di farci un favore, che possono chiedere a noi di fare quello sforzo in più che non si permetterebbero di chiedere a un occidentale, perché sono gentili con noi finché non decidiamo di spalleggiare, a quel punto smettono di essere gentili. Se non ci credete, provatelo a chiedere alla badante che avete assunto per un vostro parente anziano.

Ciò che ha salvato la nostra famiglia dall’annientamento è stato probabilmente decidere di non avere padroni italiani, ci ha permesso di contrattare lo spazio di relazione e interscambio. Una forma di resistenza, un lavoro poco rispettabile perché non integrato nel sistema, perché il lavoro è la misura con cui calcoliamo il successo o il fallimento di una persona, per noi la domanda madre è: la tua storia di migrazione è stata di successo?


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