Richard Siken, un ultimo gradino - due poesie da Crush

Richard Siken, un ultimo gradino – due poesie da Crush

Attenzione: nei testi Il segno ] indica l’interruzione del verso


Marginalità sociale come fonte di identità


C’è o si sta formando un gruppo di poeti statunitensi intenzionati a sfruttare le possibilità politiche insite in una poesia lirico-narrativa incentrata sulla prima persona. Ocean Vuong, Jericho Brown, Danez Smith, Kaveh Akbar, Eduardo C. Corral sono soltanto alcuni dei nomi a cui sto pensando. Nella loro poesia l’immigrazione, il portato latino o afroamericano, una sessualità non etero-normata, un visuto neurodivergente, queer o di tossicodipendenza non è rappresentato attraverso una lente (solo) maledettistica o segnata dal senso di colpa, ma utilizzato per fondare un corpus identitario altro che aspira a una piena legittimità, attraverso un gesto positivo, in quanto rivendicativo, compiuto entro il bacino della biografia. Leggendo diverse dichiarazioni rilasciate da Richard Siken (1967), esordito trentanovenne con Crush (Yale University Press, 2005) sotto la protezione di Louise Glück, mi sono convinto di poterlo ascrivere a questa categoria meta-generazionale di autori, ancora tutta da definire. Tuttavia l’autore rifiuta un principio realistico e si propone piuttosto di produrre biografie senza auto-, tramite varie tecniche di montaggio:

“La microbiologia è lo studio del conflitto fra gli enti; e così chimica, geologia, termodinamica, storia, antropologia e letteratura. Immagino che la poesia potesse essere un’arena in cui indagare queste abrasioni”

“[riferendosi a Crush, ndr.] Sono rimasto sorpreso dal fatto che così tante persone volessero sapere se fosse “vero” – qualunque cosa significhi – invece di lasciare che evocasse emozioni”

da una conversazione con Peter MIshler; e con Hilli Levin, traduzioni mie

Realismo fra virgolette, ipercinema

In Crush, opera con cui l’autore ha ottenuto il premio della Yale Series, oltre alla pregnanza esistenziale e lontana dalla medietas quotidiana, si percepisce la prossimità a una tradizione eminentemente tragica, di ascendenza eliotiana, e un realismo inteso come oggettività fra virgolette o montata dalla mente, cinematografica. A questo riguardo è sintetica la Nota dell’editore:

I libri di questo tipo pensano in grande […] Riabilitano in poesia lo spazio per dei momenti cruciali, enunciati cruciali che potrebbero infatti costituire la [vera e propria, ndr.] genialità formale”

Dall’introduzione di Louise Glück , traduzione mia

Il centro d’irradiamento di questi testi è la pulsione d’amore tragica verso un tu polimorfo e antinaturalistico. Questo elemento centripeto permette la proliferazione di una simbologia allucinatoria e straniante, ma sempre relazionabile allo zoccolo duro delle dinamiche di avvicinamento e allontanamento: «I musicisti attaccano l’introduzione mentre io mi nascondo dietro il microfono», «Sappiamo come funziona la luce. / Sappiamo da dove proviene il sono. / Strofa. Ritornello. Strofa» – in Dirty Valentine, questa moltiplicazione è ottenuta tramite l’innesto di materiale rappresentativo tratto dal film Planet Of Love all’interno del congegno lirico monologante. Vale la pena di notare che Siken non ha solo introiettato il paradigma multimediale-cinematografico, ma lo ha sfidato nei testi, producendo una rappresentazione che per varietà di immagini, velocità di scorrimento e mancanza di quarta parete sembra addirittura arrivare a dei risultati che sì, sono intrinsecamente cinematici, ma sarebbero forse meno efficaci (o antieconomici) se perseguiti con i mezzi del cinema. In The Torn-up Road, ellissi e ambiguità (a cui si sommano i prestiti dell’intertestualità, che qui non sono trasportabili) riescono a realizzare un mediometraggio cognitivo sui rapporti co-dipendenti negativi e le zone grigie dello stupro in due minuti di lettura, sfruttano straniamenti, ripetizioni formanti e locuzioni variate. Un paio di esempi: «Voglio raccontarvi questa storia senza dover confessare niente […] Voglio raccontarti questa storia senza dire che sono corso in strada»; «Max vestito male. Max alla festa, di nuovo ubriaco. / Max in cucina, alla luce del frigo, le mani attorno al collo di una birra».

Acquisizione di una piena cittadinanza e rifondazione del suo significato


Tornando invece alla questione identitaria, il saggio di Simeon Kronenberg, Love in Contemporary American Gay Male Poetry in the Works of Richard Siken, Eduardo C Corral and Jericho Brown mette in luce come in questi poeti si delinei la normalizzazione di una sessualità più aperta alle zone oscure del contatto con la violenza e del feticismo, e una profonda decostruzione di rapporti piramidali di potere insiti nelle strutture familiari tradizionali e nell’idea di coppia come tensione fra un “dominator” e un “lesser”. Questa direzione, mi pare, apre una terza via, più attuale in un certo senso, oltre la dicotomia qui delineata da Francesco Ottonello, fra la romanticizzazione di una condizione non-etero normata come clandestina e misteriosa, pasoliniana, e il desiderio di accedere alla normalità matrimoniale e di coppia. Le battaglie per l’acquisizione di diritti e la normalizzazione sono sacrosante e fondamentali per il pieno accesso a una condizione familiare e di piena cittadinanza, tuttavia io spero che la comunità lgbtqia+ non si fermi a questo, ma continui a operare una profonda critica e ridefinizione della sessualità e dei rapporti umani, che li rifondi secondo paradigmi politici alternativi, per non dire antagonistici, rispetto a quelli che li hanno generati.


Dirty Valentine

There are so many things I’m not allowed to tell you.]
I touch myself, I dream.]
Wearing your clothes or standing in the shower for over an hour, pretending]
that this skin is your skin, these hands your hands,]
these shins, these soapy flanks.]
The musicians start the overture while I hide behind the microphone,]
trying to match the dubbing]
to the big lips shining down from the screen.]
We’re filming the movie called Planet of Love-]
there’s sex of course, and ballroom dancing,]
fancy clothes and waterlilies in the pond, and half the night you’re]
a dependable chap, mounting the stairs in lamplight to the bath, but then]
the too white teeth all night,]
all over the American sky, too much to bear, this constant fingering,]
your hands a river gesture, the birds in flight, the birds still singing]
outside the greasy window, in the trees.]
There’s a part in the movie]
where you can see right through the acting,]
where you can tell that I’m about to burst into tears,
right before I burst into tears]
and flee to the slimy moonlit riverbed canopied with devastated clouds.]
We’re shouting the scene where I swallow your heart and you make me]
spit it up again. I swallow your heart and it crawls
right out of my mouth.]
You swallow my heart and flee, but I want it back now, baby. I want it back.]
Lying on the sofa with my eyes closed, I didn’t want to see it this way,]
everything eating everything in the end.
We know how the light works,
we know where the sound is coming from.
Verse. Chorus. Verse.
I’m sorry. We know how it works. The world is no longer mysterious.


The Torn-up Road

1

There is no way to make this story interesting.

A pause, a road, the taste of grave in the mouth. The rocks dig into my skin]
like arrowheads.]
And then the sense of being smothered underneath a sack of lentils]
or potatoes, or of a boat at night slamming into the
docks again]
without navigation, without consideration,]
heedless of the planks of wood that are the dock,]
that make up the berth itself.]


2

I want to tell you this story without having to confess
anything,]
without having to say that I ran out into the street to
prove something,]
that he didn’t love me,]
that I wanted to be thrown over, possessed.]
I want to tell you this story without having to be in it:]
Max in the wrong clothes. Max at the party, drunk again.]
Max in the kitchen, in refrigerator light, his hands around
the neck of a beer.]
Tell me we’re dead and I’ll love you even more.]
I’m surprised that I say it with feeling.]
There’s a thing in my stomach about this. A simple thing.
The last rung.]


3

Can you see them there, by the side of the road,]
not moving, not wrestling,]
making a circle out of the space between the circles? Can
you see them]
pressed into the gravel, pressed into the dirt, pressing
against each other]
in an effort to make the minutes stop –]
headlights shining in all directions, night spilling over
them like]
gasoline in all directions, and the dark blue over
everything, and them]
holding their breath —

4


I want to tell you this story without having to say that I
ran out into the street]
to prove something, that he chased after me]
and threw me into the gravel.]
And he knew it wasn’t going to be okay, and he told me
it wasn’t going to be okay.
And he wouldn’t kiss me, but he covered my body with
his body]
and held me down until I promised not to run back out
into the street again.]

But the minutes don’t stop. The prayer of going nowhere]
going nowhere.


5

His shoulder blots out the stars but the minutes don’t
stop. He covers my body]
with his body but the minutes]
don’t stop. The smell of him mixed with
creosote, exhaust –]
There, on the ground, slipping through the
minutes,]
trying to notch them. Like taking the same
picture over and over, the spaces]
in between sealed up –]
Knocked hard enough to make the record skip]
and change its music, setting the melody on its]
forward course again, circling and circling the center hole in the flat black disk.]
And words, little words,]
words too small for any hope or promise, not
really soothing]
but soothing nonetheless.

Biglietto di fidanzamento sporco

Ci sono così tante cose che posso dirti.]
Sogno, mi masturbo.]
Coi tuoi vestiti addosso o nella doccia per più di un’ora, fingendo]
che questa pelle è la tua pelle, queste mani le tue,]
questi stinchi, questi fianchi insaponati.]
I musicisti attaccano l’introduzione mentre io mi
nascondo dietro al microfono]
cercando di doppiare in sincrono]
le grosse le labbra splendenti nello schermo.]
Stiamo girando il film Planet of Love –]
c’è chiaramente il sesso, e i balli di sala,]
vestiti eccentrici e ninfee nel laghetto, e per metà dalla notte]
sei un tizio affidabile, che sale le scale nella luce artificiale fino al bagno, ma poi]
tutta la notte i denti troppo bianchi,]
su tutto il cielo americano, troppo da sostenere, un continuo tastare,]
le tue mani una gestualità fluviale, gli uccelli in volo, gli uccelli che ancora cantano]
fuori dal vetro sudicio, sugli alberi.]
Nel film c’è una parte]
in cui si riesce a vedere oltre la recitazione,]
in cui capisci che sto per scoppiare in lacrime,]
poco prima che scoppi in lacrime]
e scappi nel letto del fiume invischiato di chiarore lunare
con baldacchino distrutto di nuvole.]
Stiamo girando la scena dove ingoio il tuo cuore e me lo fai]
risputare di nuovo. Ingoio il tuo cuore e cola giù dalla bocca.]
Ingoi il mio cuore e scappi, ma lo rivoglio indietro adesso, tesoro. Lo voglio indietro.]
Ad occhi chiusi steso sul divano, non avrei voluto vederla così,]
tutto un mangiarsi, alla fine.]
Sappiamo come funziona la luce,]
sappiamo da dove proviene il suono.]
Strofa. Ritornello. Strofa.]
Mi spiace. Sappiamo come funziona. Il mondo non ha più segreti.


La strada dissestata

1

Non c’è modo di rendere questa storia interessante.]

Una tregua, una strada, in bocca il sapore di sepoltura. Le rocce che scavano nella pelle]
come punte di freccia.]
E dopo la sensazione di soffocare sotto un sacco di lenticchie]
o di patate, o di barca che nella notte sbatta ancora contro i moli]
senza navigatore, senza considerazione,]
indifferente alle assi di legno che sono il molo,]
che formano l’ormeggio stesso.


2

Voglio raccontarvi questa storia senza dover confessare niente,]
senza dover dire che sono corso in strada per provare qualcosa,]
che non mi amava,]
che volevo essere sbattuto, posseduto.]
Voglio raccontarvi questa storia senza doverci finire dentro:]
Max vestito male. Max alla festa, di nuovo ubriaco.]
Max in cucina, alla luce del frigo, le mani attorno al collo di una birra.]
Dimmi che siamo morti e ti amerò anche di più.]
Mi sorprendo nel dirlo con commozione.]
Ho qualcosa nello stomaco riguardo a questo. Qualcosa di semplice. Un ultimo gradino.]

3

Riesci a vederli là, sul ciglio della strada]
non muoversi, non lottare]
formando un cerchio nello spazio fra i cerchi? Riesci a vederli]
premuti sulla ghiaia, sullo sporco, premuti l’uno sull’altro]
nello sforzo di fermare i minuti –]
gli abbaglianti sfleshare in ogni direzione, la notte che si rovescia su di loro come]
benzina in tutte le direzioni, l’azzurro cupo su ogni cosa, e loro]
trattengono il respiro —



4

Voglio raccontarti questa storia senza dire che sono corso in strada]
per provare qualcosa, che mi ha inseguito e sbattuto sulla ghiaia.]
E sapeva che non sarebbe stato okay, e mi ha detto]
che non sarebbe stato okay.]
E non mi avrebbe baciato, ma coperto il corpo con il suo]
tenendomi fermo fino a farmi promettere che non sarei più corso in strada.]

Ma i minuti non si fermano. La preghiera di non andare da nessuna parte]
nessuna parte.



5

Le sue spalle cancellano le stelle ma i minuti non
si fermano. Copre il mio corpo]
con il suo copro ma i minuti]
non si fermano. Il suo odore misto a creosoto, esausto –]
Là, sul terreno, slittando fra i minuti,]
tentando di inciderli. Come scattare la stessa foto ancora e ancora, gli spazi]
fra l’una e l’altra sigillati–]
picchiato abbastanza forte da far saltare lo stereo]
e cambiarne la musica, settare la musica sui]
suoi binari ancora, girando e girando intorno al buco centrale del disco piatto e nero.]
E parole, paroline,]
parole troppo piccole per qualsiasi speranza o promessa, non proprio rassicuranti]
ma comunque rassicuranti.


Traduzione e introduzione a cura di Dimitri Milleri
Revisione e cura di Clarissa Amerini e Bernardo Pacini


Richard Siken (1967) è poeta, pittore, regista ed editore di Spork Press. Il suo libro Crush ha vinto il premio Yale Series of Younger Poets nel 2004, selezionato da Louise Glück. È stato anche finalista per il National Book Critics Circle Award, il Lambda Literary Award e il Thom Gunn Award. Il suo libro più recente è War of the Foxes (Copper Canyon Press, 2015). Siken ha ricevuto un Pushcart Prize, due borse di studio dell’Arizona Commission on the Arts e una borsa di studio del National Endowment for the Arts. È anche un assistente sociale a tempo pieno e vive a Tucson, in Arizona.


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